Viaggia, scrivi , ama…intervista ad Alessandra Iannello.
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| 2022 | News
| Aprile 2022 | 853 Visite | con Commenti disabilitati su Viaggia, scrivi , ama…intervista ad Alessandra Iannello.

Abbiamo intervistato Alessandra Iannello, giornalista specializzata nel turismo enogastronomico, o come direbbero gli appartenenti della Generazione Z, una “Travel writer”. Giornalista da sempre, autrice di libri , ha saputo trasformare in lavoro l’amore per il buon cibo e per i viaggi.

Giornalista dal 1987, hai iniziato scrivendo di informatica e nuove tecnologie, un settore che allora era ancora tutto da scoprire e del quale oggi non si fa più a meno nel nostro quotidiano  ma anche e soprattutto nel mondo della comunicazione, cosa ti ha spinto a spostarti nel mondo del food?

Il mio excursus nel mondo della comunicazione inizia molto prima del 1987. Il mio primo articolo venne pubblicato nel giornalino della scuola. Era il 1971, avevo 6 anni e frequentavo la prima elementare. Questo per dire che la mia passione per la scrittura è nata con me. Negli anni ho scritto un po’ di tutto perché, come diceva Leo Longanesi, “un vero giornalista spiega benissimo quello che non sa”. Sono passata dall’informatica alle tecnologie, dalla moda al beauty, dal benessere alla salute. Sono approdata al food e ai viaggi perché ho unito le mie passioni: conoscere posti nuovi e assaggiare tutto ciò che è commestibile. A parte gli scherzi, io amo raccontare storie. Così nel mio lavoro di tutti i giorni racconto i territori attraverso le loro produzioni agroalimentari e i loro piatti tipici

Viaggi molto e racconti in modo eccelso il territorio italiano attraverso le sue eccellenze, cosa ti ispira durante i tuoi viaggi?

Mi faccio ispirare dai paesaggi, dal lavoro degli artigiani. Vado alla ricerca di un formaggio antico che un casaro produce seguendo la tradizione. Mi fermo davanti a un campo dove un agricoltore visionario ha coltivato specie di frutta o di verdura dimenticate nel tempo. Ascolto il racconto di un cuoco che ha ritrovato le ricette della sua famiglia e le attualizza per i palati di oggi. Mi affascinano anche le novità. Mi interessa il sistema di alta tecnologia che monitora il meteo e gestisce in automatico l’innaffiatura dei campi. O ancora il robot che accarezza le vacche alla mungitura per tenerle tranquille.

In che modo tratti l’informazione alimentare? Quali sono le tue fonti e quali regole ti imponi per essere super partes?

Partendo dall’assioma che noi siamo quello che mangiamo, quando parlo di alimenti mi piace dare anche delle informazioni dettagliate sulle proprietà nutritive, sui principi nutrizionali. Le regole che seguo sono quelle che dovrebbero stare alla base di ogni articolo giornalistico, ovvero raccontare quello che si vede senza travisare le informazioni per dimostrare una qualche teoria. Bisogna approcciare ogni argomento scevri da ogni preconcetto.

Nel mercato della ristorazione, negli ultimi anni soprattutto, come raccontava in un’intervista rilasciata da Arrigo Cipriani, patron dell’Harry’s Bar di Venezia, al bravo giornalista Aldo Cazzullo del “Corriere della Sera”: abbiamo sempre più chef e meno cuochi. Secondo te, questo accade perché il cibo è diventato l’ossessione dei mass media oppure come sostiene Cipriani i “cuochi” soffrono ormai di smania di protagonismo?

Negli ultimi anni, complici programmi come MasterChef, abbiamo assistito a una spettacolarizzazione del mestiere del cuoco. Questo ha ingenerato nei giovani delle false aspettative. Quando ero ragazza io i miei coetanei volevano diventare calciatori per essere circondati da belle donne e fare soldi facilmente. Oggi, i ragazzi vogliono diventare tutti chef. Si iscrivono alla scuola alberghiera per diventare cuochi e poi si scontrano con la realtà di un lavoro duro che richiede molti sacrifici. C’è da dire che i cuochi oggi vogliono essere chiamati “chef”, hanno un loro ufficio stampa, appaiono in tv, sono il fulcro di feste ed eventi. Io penso che, come diceva Gualtiero Marchesi “basta con i talent show, che i cuochi tornino a fare il loro mestiere”.

Rimanendo in tema “Venezia” hai pubblicato il libro “Venezia da Bere”, una vera e propria guida nel mondo della mixology, della ristorazione, l’elogio dell’eccellenza che un turista può trovare in Laguna, ma non solo. Ci sono anche interviste a personaggi come Canzian e Cipriani per esempio, un vero e proprio libro ricco di curiosità. Come nasce questo progetto? Hai nel tuo futuro idea di realizzarne altri su questo format parlando di altre città o Regioni d’Italia?

Il libro Venezia da bere nasce dal mio amore per questa città unica al mondo. Lo scorso anno Venezia ha festeggiato i 1600 anni dalla fondazione. Fra le tante celebrazioni, i tanti scritti che hanno ricordato questo evento, nessuno raccontava di un primato veneziano, quello del bere miscelato. A Venezia sono nati alcuni dei cocktail più famosi al mondo some lo Spritz o il Bellini. Inoltre, secondo alcuni scritti, qui è nato il primo cocktail della storia a opera di Casanova. Nel suo libro di memorie il Seduttore racconta che, per rendere accondiscendenti le sue conquiste, preparava un mix di acqua calda e champagne. Fra i miei progetti futuri c’è un libro dedicato al Piemonte e a una delle sue eccellenze: la carne.

Prima di salutarti un’ultima domanda: se dovessi descrivere con un piatto, un vino e un cocktail te stessa, cosa saresti e perché?

Il piatto è il cannolo siciliano perché è come me, duro fuori ma morbido dentro. Un vino direi un rosso corposo, affidabile per tutto il pasto. Un cocktail l’Erasmo del mio amico Gennaro Florio della Taverna la Fenice di Venezia. Ispirato all’isola Veneziana di Sant’Erasmo, è preparato con Tequila, salvia di Sant’Erasmo, succo di mela verde. Un’esperienza visiva, olfattiva e gustativa.

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