Sicilia bedda! Un tour nell’isola del sole, della cucina e del design  
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| Settembre 2018 | 2361 Visite | con Commenti disabilitati su Sicilia bedda! Un tour nell’isola del sole, della cucina e del design  

Sicilia bedda!

Così dicono a gran voce i suoi abitanti e lo urlano ancor più i suoi emigranti che non se ne allontanano mai per davvero. La conosciamo per le bellezze del territorio, per i colori, per i profumi, i vini e per i suoi piatti. Sappiamo tanto dell’architettura dei suoi palazzi e delle città, ma poco del suo design. Di quello che c’è dentro quella magnificenza. Di ciò che è venuto dopo. Si avverte la volontà di dare un seguito a quello splendore che il mondo ci invidia, dando continuità al bello attraverso l’accuratezza dei dettagli, la scelta dei materiali locali e degli artigiani. Si sente questa forma di rispetto reverenziale nei confronti della tradizione camminando per le strade di Taormina, soggiornando nella campagna di Siracusa, bevendo un gin in un giardino segreto, parlando con un ceramista che porta il nome del nonno greco. La sensazione è che di questa bellezza sia piena l’isola, ma bisogna sapere dove guardare.

A Taormina, come in altre parti della Sicilia, molti hotel e ristoranti sono studiati per attirare il turista, sono confusamente colorati, rumorosi sia nei suoni che li animano,  che nella livrea del piumaggio con cui si pavoneggiano.

Un occhio allenato ti porta lontano da questi posti e ti guida altrove.

Al Mèdousa Bistrot and Suites, ad esempio, un posto semplice e perfetto oltre Porta Catania, in fondo a corso Umberto, la via principale del centro di Taormina.

Pavimenti realizzati con cementine esagonali dai toni caldi e naturali, salvia e burro, che creano un percorso dal giardino  d’ingresso fino a quello interno privato, attraverso il disimpegno e le singole stanze, tessendo un “filo verde” molto delicato. Nelle suites la grande parete di pietra viva è protagonista. L’illuminazione è curatissima. E questo è forse l’aspetto che più fa sentire a proprio agio. Perchè scegliere le giuste lampade per illuminare i dettagli, è il più bel gesto di accoglienza nei confronti dei propri ospiti. Ma qui siamo in Sicilia, quindi anche il palato deve essere deliziato. Così ti ritrovi seduto all’ombra del tuo porticato scartando un pacchetto con scritto D’Amore, chiedendoti come sarà il bistrot di prossima apertura che completerà la struttura, come possano essere così buone quelle paste, come fanno quei limoni ad essere così gialli.

Si prosegue su Corso Umberto I, lasciando Porta Catania alla spalle alla volta di quello che, sulla carta, sembra essere una tappa obbligata di questo percorso che intreccia Sicilia e design. A metà del corso, mi ritrovo alla scesa Morgana, che dà il nome alla mèta: il Morgana Lounge Bar, dei due soci Christian Sciglio e Guido Spinello. Qui l’allestimento, che cambia ogni anno, porta in scena la contrapposizione tra santi e peccatori. L’atmosfera appena si entra è intima e scintillante, proprio come il tema scelto per il 2018. L’ingresso prepara tutti i sensi alla visita, grazie alla presenza di una Champagne gallery che sembra nata insieme al locale, ma che al contrario è di recente installazione. Le pareti ed i soffitti sono di colore scuro, ovunque velluti dai toni molto decisi per le sedute e i divani. A brillare in questa ambientazione ci pensano gli inserti in ottone e gli specchi lavorati e colorati, che riflettono la luce dei faretti sapientemente posizionati. L’illuminazione in questo scenario è fondamentale e la sua regia è davvero magistrale. Alle pareti sono installate delle grate metalliche a maglia larga, molto più ampie di quelle dietro le quali le monache di clausura dei monasteri catanesi si nascondevano dal mondo. Il richiamo è fortissimo e non sarebbe così evocativo se non fossimo in Sicilia, dove l’incontro del sacro col profano non si chiude mai pacificamente. Guardando la lavorazione di queste grate così curata nel dettaglio, i suoi materiali e la  corretta retro illuminazione, è ragionevole pensare che il Morgana sia il perfetto intreccio tra Sicilia a design.

Spogliato di tutti i suoi abiti, restano pavimenti e rivestimenti in marmo bianco, che con la sua lucentezza incarna l’idea della sacralità e dona luce di fondo a tutto il locale.

Spesso la cartina di tornasole nella realizzazioni di locali commerciali, sono i bagni. Questo è l’ambiente che spesso risente del calo di badget o semplicemente di poca considerazione. Non è questo il caso. Anzi. Le piastrelle sono state realizzate appositamente, di colore salmone e verde oliva, con un effetto tridimensionale che incanta per la varietà di suggestioni che evoca. La griglia romboidale a parete è interrotta solo dagli specchi, adattati e incastonati.

Nell’Ibiscus garden, una foresta di foglie in metallo intagliato e curvato fanno da sfondo a questo inaspettato giardino segreto. Come all’interno, anche le scelte progettuali stupiscono per la coerenza. I toni dei cuscini, dei divani e delle foglie si amalgamano perfettamente e le pareti sono intonacate con una lavorazione che richiama ancora una volta le forme della macchia mediterranea.

L’ambiente perfetto per gustare una selezione di Gin davvero degna di nota.

Lasciando Taormina si prosegue verso Siracusa, nella storica tenuta San Michele, al Donna Coraly Resort. Non appena si accede alla proprietà, ci si ritrova in una corte circondati da edifici che sanno di storia, un’antica masseria del 1400 protetta da fossato, una piccola cappella ancora consacrata, ed una serie di rustici del 1600. L’edificio che completa il complesso e che ospita le 5 suites ed il ristorante è un’antica villa gentilizia restaurata dalla proprietà, Lucia Pascarelli, che in quei luoghi c’è cresciuta. Questo legame così forte è tanto evidente sia dal punto di vista umano che “strutturale”. Si capisce dall’accoglienza che è riservata ad ogni ospite, dal servizio tailor made personalizzato in base alle esigenze di ogni cliente, dal tempo che Lucia spende per raccontare della nonna Coraly, delle estati vissute in quelle corti, tra quelle pareti e nei campi, delle vicende storiche che hanno interessato quei luoghi, dell’armistizio che sanciva la fine delle ostilità fra italiani e anglo-americani, siglato nel 1943 in una tenda militare all’ombra di un carrubo, proprio nell’uliveto di San Michele, al cospetto di Eisenhower.

L’aspetto umano è tradotto e perfettamente leggibile in tutto l’intervento di recupero. Sono stati impiegati i migliori artigiani locali e le materie prime più ricercate. Pietra di Modica e pietra di Comiso per i pavimenti ed i rivestimenti, in toni delicati e caldi. Maioliche di Caltagirone fatte a mano spiccano nelle suites, creando un effetto tappeto che sottolinea in maniera marcata la matrice siciliana. A completare l’armonia di questi ambienti ci pensa il legno, quello sbiancato delle travi a vista dei soffitti, e quello degli arredi ottocenteschi tornati a nuova vita grazie alle mani sapienti degli artigiani locali. Le stoffe di letti, divani e poltrone sono creazioni della designer italo-inglese Allegra Hicks, che si è ispirata, per ogni suite, al decoro del pavimento di Caltagirone. Opere d’arte contemporanea creano piccoli e discreti accenti.

Dalle camere si accede direttamente al giardino privato e al parco botanico, dove si snoda un percorso di erbe aromatiche, di essenze autoctone e tropicali e piante rare come la mano di Buddha il citrus caviar.  Un carrubo segna un ideale punto di fuga di questo percorso, che culmina con l’orto, a servizio del ristorante. 

Al centro del parco si può godere di una piscina – biolaghetto realizzato con pietre naturali polverizzate ed impastate che creano un effetto naturale unico, dovuto anche alla morbidezza delle sue curve di livello. Qui ci si può davvero rilassare e perdersi tra i profumi e i colori di questa macchia mediterranea. Un vero paradiso dei sensi da cui difficilmente vorrete allontanarvi.

 Luca Drago

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