QUANDO IL DESIGN SI FA UTILE OLTRE CHE BELLO
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| Febbraio 2017 | 2740 Visite | con Commenti disabilitati su QUANDO IL DESIGN SI FA UTILE OLTRE CHE BELLO

Si fa tanto parlare di design in questi giorni, sarà per via della presentazione del prossimo Salone del Mobile, l’edizione numero 56, che prenderà il via all’ombra della Madonnina, il prossimo 4 Aprile. Design non è però solo un oggetto d’arredo. Siamo nell’ambito del design anche quando parliamo di EasyReading, il primo font, capace di aiutare a decifrare le parole scritte in modo fluido e immediato.

Dietro questo carattere tipografico capace di superare le barriere di lettura, uno studio lungo dieci anni, che parte dal presupposto che la diversità non è un problema.

E’ una leggibilità per tutti quella alla quale punta il team completamente italiano, proveniente da Torino, a capo della società EasyReading Multimedia, che si occupa di divulgare nel mondo la forza di un font, capace di semplificare la vita anche o forse soprattutto ai dislessici.

Federico Alfonsetti è il designer del font ibrido – dal disegno essenziale – concepito per avere al suo interno contemporaneamente lettere con grazie (serif) e lettere senza grazie (sans-serif). Composto da 811 glifi (lettere, numeri, accenti, simboli, punteggiatura), supporta tutte le lingue che usano l’alfabeto latino ed è stato concepito per aiutare chi è dislessico a leggere con minori difficoltà. Da qui il parere positivo per le sue specifiche caratteristiche grafiche dell’Associazione Italiana Dislessia (AID) e, nel 2012, proprio per il design innovativo, anche da parte del Ministero dello Sviluppo Economico, attraverso la Fondazione Valore Italia.

Parliamo di un qualcosa che sembrerebbe non esistere e allo stesso tempo di qualcosa che è talmente presente intorno a noi da essere dato per scontato. Siamo circondati da lettere e messaggi che per essere decifrati richiedono la scelta da parte di chi scrive quel dato messaggio di un font. La lista della spesa, il bugiardino di un medicinale, la segnaletica stradale, il biglietto della metropolitana, la chat sul nostro ultimo modello di smartphone, il libro che leggiamo prima di dormire: tutto è fatto di parole intorno a noi. Parole che non dovrebbero mai essere scambiate tra di loro perché troppo simili per forma, ne dovrebbero provocare l’effetto affollamento percettivo (crowding effect) perché gli spazi tra una lettera e l’altra sono troppo ridotti. Serve respiro. Serve aria alle parole e alla comprensione di testi che devono farsi leggere da tutti, incondizionatamente.

L’amministratore delegato Enzo Bartolone, non lesina commenti in merito all’ampio utilizzo che il font, scelto dall’Università di Torino, dall’UE e dal MIUR, da Pearson Italia, De Agostini, Rcs, dal dipartimento di Informatica dell’Università di Torino può avere: “Dite che facciamo qualcosa di speciale? Diciamo che seguiamo le indicazioni ufficiali da poco approvate sotto forma di legge dalla Camera e dal Senato. Siamo nel campo del cinema, facciamo riferimento alla Convenzione Onu sui diritti delle persone, di tutte le persone indistintamente. Pensate alle App legate a tanti oggetti di design, tutto passa sotto forma di un messaggio scritto. Lavoriamo sui sottotitoli ma anche sulle locandine, sui musei, le scuole. L’architettura che deve essere concepita in modo tale da abbattere le barriere è qualcosa di molto più visibile rispetto a noi che comprendiamo però un valore numerico maggiore: tutti gli individui. Il nostro font non è speciale, è solo leggibile, aiuta a fare meno fatica, stanca meno, richiede un basso movimento oculare”.

A livello internazionale EasyReading è l’unico carattere esplicitamente “dedicato” ai lettori dislessici che, sottoposto a ricerca scientifica autonoma e indipendente, condotta dalla dottoressa Christina Bachmann (psicologo clinico e psicoterapeuta del Centro Risorse Clinica Formazione e Intervento in Psicologia di Prato, Vicepresidente dell’Ordine degli Psicologi della Toscana, ndr) sul suo grado di leggibilità, ha ottenuto risultati positivi.

E per fortuna, a quanto pare non tutte le migliori menti che l’Italia ha partorito hanno spiccato il volo.

 

 

 

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