“Puntiamo sul riciclo e sul riuso, anche con incentivi”
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| Dicembre 2013 | 3440 Visite | con No Comments

TORINO 6 dicembre – “Grande attenzione allo sviluppo del settore del riuso, che può essere promosso anche con incentivi specifici, che premino un’attività che ha sì scopi commerciali, ma anche una importante valenza sociale ed ecologica”. Così il ministro all’Ambiente Andrea Orlando spiega l’interesse al settore della compravendita di oggetti e beni usati, che si sta sviluppando a ritmi da record nel nostro Paese. Lo abbiamo incontrato questa sera, ad un incontro organizzato da “Mercatino Srl”, durante il quale il presidente dell’azienda Sebastiano Marinaccio, ha presentato uno studio che dimostra come l’attività del suo franchising diffuso in tutta Italia, permetta di salvaguardare l’ambiente e migliorarlo. “Dall’analisi compiuta con meticolosa scientificità dal ‘Centro ricerca occhio del riciclone’ – ha chiarito Marinaccio – risulta che in Piemonte, tra inquinamento ridotto con la nostra attività e ambiente tutelato, ogni cittadino ha guadagnato 45 minuti di vita”.

Ministro, il dibattito per le primarie per la segreteria del Pd ha tenuto conto dei temi ambientali? Quale candidato, secondo lei, ha spinto di più per una politica green?

Com’è noto io appoggio Cuperlo, tuttavia ritengo che forse quello che è mancato nel dibattito generale di tutti i candidati, è un’attenzione concreta ad una governance mondiale dell’ambiente. Non abbiamo probabilmente avuto uno sguardo sul mondo, che invece è necessario quando si affrontano queste tematiche. In generale, anche per quanto riguarda la tutela del territorio, personalmente ritengo che si debba superare la centralità che si è data al mercato nell’ultimo ventennio.

E quel famoso sguardo oltre i nostri confini cosa ci riserva?

Se guardiamo al mondo scopriamo che i paesi cosiddetti emergenti oggi ci dicono: ‘Noi smetteremo di inquinare quando avremo inquinato quanto voi’. La conferenza di Varsavia si è arenata proprio su questo punto.  E allora come non guardare con un occhio nuovo a proposte che sono state della sinistra e che la sinistra ha abbandonato, perché un po’ se ne è vergognata, perché forse non era convinta fino in fondo della loro attualità. Mentre  proprio la crisi e le contraddizioni che oggi il mondo ci propone, le rimettono al centro dell’attenzione.

 

Cosa sta facendo per incentivare il riuso dei beni, un mercato al quale lei stesso riconosce valenza ‘ecologica’?

Lavoro per l’emanazione del decreto che incentivi il mercato del riciclo e del riuso. Meno si conferisce in discarica e meglio è, credo che questo sia evidente a tutti, sia per il risparmio economico, sia per la tutela dell’ambiente diretta che ciò comporta. Ritengo che questa sia una scelta centrale dal punto di vista della prevenzione.

 

Bastano gli incentivi per risolvere la questione?

C’è un incrocio fondamentale che ho cercato di spiegare in un documento che ho scritto, lungo ben trenta pagine – sorride –: la questione, oggi, è provare a costruire un modello di sostenibilità ambientale che si incroci con un modello di sostenibilità sociale. Dobbiamo riorganizzare su basi nuove il nostro modello di sviluppo. Per questo abbiamo bisogno di recuperare e mettere in campo alcuni strumenti: programmazione, utilizzo delle infrastrutture verdi, per esempio. Sono cose che si realizzano, come detto, se si supera l’ideologia del mercato. Perché anche il sistema incentivi, che pure può attenuare alcuni effetti più negativi della insostenibilità del nostro modello, non risolve il problema alla radice.

 

L’Italia fatica ad adeguarsi alla ricerca differenziata, paghiamo sanzioni europee e ricicliamo poco in generale. Il riuso potrebbe essere un tassello per migliorare una situazione obiettivamente difficile…

Il mancato raggiungimento degli obiettivi europei, in tema di rifiuti e tutela ambientale, abbiamo calcolato ci costi 1,2 miliardi di euro l’anno di maggiori versamenti a Bruxelles. Cifre enormi. Vale la pena quindi di investire per ovviare a questo problema. Non è pensabile che da un anno all’altro l’Italia si trasformi nell’Eden della differenziata, anzi abbiamo cercato di dare una certa gradualità a questo passaggio, perché anche i sindaci di piccole cittadine si trovavano a dover pagare enormi risarcimenti comminati dalla Corte dei Conti. Però il processo va accompagnato con iniziative concrete e il riuso può e deve essere una di queste.

Diceva che anche per l’ambiente, a suo avviso, bisogna mutare la mentalità politica e la strategia amministrativa.

Il vero elemento di cambiamento che va introdotto è una profonda discontinuità rispetto alla cultura che ha dominato questo ventennio, quando si è ritenuto che il mercato o che il semplice aggiustamento del mercato fosse in grado di risolvere i problemi di sostenibilità ambientale e sociale che stavano esplodendo. In verità, noi abbiamo un problema più grande che è riformare il capitalismo e provare a salvarlo da se stesso come già è avvenuto nel 1929. Il vero rinnovamento si misura su questo terreno: sulla capacità di essere radicali nell’indicare delle proposte che puntino particolarmente sul tema dell’uguaglianza. Non è un tema che si chiude il 9 dicembre, questo è un tema che rimane aperto. Perché se noi rimaniamo ancorati alla coda del neo liberismo di sinistra che ha caratterizzato questo ventennio, pensiamo di costruire il nuovo e stiamo replicando invece il vecchio.

Renzi ha detto che le primarie sono una sfida importante per il Pd ma soprattutto un referendum per l’Italia. E ha aggiunto: “I miei avversari non si chiamano Gianni e Pippo (Cuperlo e Civati ndr.) ma sono Silvio e Beppe”. Lei è d’accordo?Sono i nostri avversari, non i suoi. L’idea che si parli di nomi, e non di progetti, è un segno di quanta strada dobbiamo ancora fare. Perché in fondo abbiamo incominciato a parlare di Silvio quando Silvio ci ha imposto la sua presenza: prima si parlava di progetti politici e di opzioni ideali.

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