Chi si era illuso sulla ripresa dell’economia italiana sarà rimasto deluso per i dati Istat relativi alla produzione industriale. Per tutti gli altri, quelli che vivono nella realtà, la frenata di febbraio conferma soltanto ciò che stavano vivendo sulla propria pelle. Non tanto per il calo dello 0,6%, ma soprattutto perché i livelli della produzione sono inferiori del 23,5% rispetto all’aprile del 2008, prima che la crisi cancellasse le illusioni.
E non bastano gli incrementi del comparto auto a cancellare la realtà di una crisi che non è finita. Perché i modestissimi incrementi registrati in passato non cambiano la situazione. Che è quella di una sostanziale stagnazione, frutto di disastrose politiche di tagli e di mancato sviluppo. Le famiglie non spendono perché non hanno da spendere. E quelle che riescono a risparmiare, non spendono perché non si fidano delle promesse e delle riforme.
D’altronde anche coloro che sostengono che la ripresa sia iniziata, devono riconoscere che resta comunque debole. E per nulla sicura. Perché al di là dei problemi dei consumi interni – con le famiglie alle prese con tariffe che aumentano per ogni servizio, a partire dalla sanità – anche la situazione internazionale non contribuisce ad offrire certezze o, almeno, speranze. La pessima gestione dell’affaire Egitto rischia di avere ripercussioni gravissime per l’Italia, non solo e non tanto in termini economici, ma in termini di sicurezza. Per i rapporti tra Egitto e Libia, innanzi tutto. Una frenata del turismo italiano in Egitto, a seguito dell’eventuale dichiarazione italiana sui rischi per i viaggiatori italiani nel Paese nordafricano, potrebbe essere accompagnata da un incremento dei viaggi dei barconi, carichi di migranti, dalle coste libiche con direzione Italia. Senza dimenticare il ruolo dell’Eni, a rischio ed ambito da vari Paesi, a partire da quella Gran Bretagna dove aveva lavorato il ricercatore italiano massacrato al Cairo.