Alla guida lo chef Michelangelo Mammoliti
È stata presentata mercoledì a Piacenza la 65esima edizione della Guida Michelin Italia 2020. Un debutto per la guida rossa, diretta in Italia da Sergio Lovrinovich e a livello internazionale da Gwendal Poullennec, che dopo Milano e Parma sceglie il Teatro Municipale di Piacenza per svelarsi al mondo.
L’annuncio tanto atteso, quello più bello, il riconoscimento che tutti speravano di raccogliere sul finire del 2019 e fortemente voluto, sia dalla proprietà, Fabrizio Ventura con Luciana Adriano e Ivan Delpiano, che dallo chef, Michelangelo Mammoliti è arrivato: ora sul petto, all’altezza del cuore due sono le Stelle Michelin che brillano di un rosso che difficilmente si può confondere con il resto.
Ci eravamo lasciati a novembre del 2016: era stato quello l’anno in cui ad un giovanissimo Michelangelo Mammoliti veniva assegnata la prima Stella Michelin, dopo due anni e mezzo di duro lavoro fatto nelle cucine del Ristorante La Madernassa, a Guarene (Cuneo), seguiti al suo rientro in Italia, a casa, dopo un lungo peregrinare in giro per il mondo e una importante permanenza nelle cucine dei più grandi cuochi francesi.
Lo chef Michelangelo Mammoliti sembra non trovare parole ma è felice, di una felicità che non ha fine, coordinate precise o scadenza: “Mi scoppia il cuore. Da giorni, e da settimane di attesa. Da quella telefonata in cui mi è stato detto di presentarmi a Piacenza oggi. Una chiamata alle “armi” alla quale non potevo che rispondere presente. Una chiamata alle armi alla quale ogni chef arriva disarmato, disorientato quasi. Avrei potuto ricevere una stretta di mano, uno scappellotto, avrei potuto ricevere un premio o più semplicemente vedermi cucito sul cuore un’altra Stella Michelin. Resterà, questo, uno dei giorni più belli della mia vita. Resterà, impresso nella mente, ogni attimo di questa giornata”.
Poi è il momento dei ringraziamenti: “Come non iniziare dalla proprietà, e soprattutto da Fabrizio e Luciana, due fari che sin dal primo giorno di apertura de La Madernassa sono stati capaci di illuminare la strada di ogni singolo componente del gruppo. La mia compagna Simona, senza la quale probabilmente nessuno dei miei piatti avrebbe quell’equilibrio che oggi ha. La mia famiglia: mamma, papà, mio fratello, i miei amici. Spesso dimentichiamo quanto importante sia nella vita di chi fa il mio mestiere la sfera affettiva, la parte umana di una vita che viene scientemente dedicata al nostro lavoro. Giorno dopo giorno. E… la mia brigata. Tutti i ragazzi che lavorano con me ogni singolo giorno della loro vita: chi in cucina, chi in sala, chi all’accoglienza. Nessuno escluso, nessuno prima di un altro.
Siamo lì insieme. Immagino una linea di traguardo e un nastro tagliato all’unisono da tutta la mia squadra. E poi… posso ringraziare la buona sorte? Quella che è al mio fianco nelle ore passate nell’orto e nella serra, nella speranza che il tempo sia buono, che le malattie non colpiscano i miei germogli, quella che mi tiene in sella alla mia bici quando è di staccare da tutto che sento il bisogno. Per tornare poi sempre in cucina, nella mia cucina, laddove un tramonto non è mai visto come la fine di un giorno ma l’inizio di qualcosa che per noi ha del sacro. Il servizio. Penserete che sono un matto: no vi sbagliate! Penserete che in fondo faccio solo da mangiare. Anche in questo caso vi sbagliate. Io voglio raccontarvi una storia, la mia storia. Voglio raccontarvi cosa mia nonna mi insegnò quando dello chef che tutti voi oggi vedete non c’era neppure l’ombra. Voglio dirvi di ascoltare la terra perché è la sola ad essere in grado di offrirci tutto ciò di cui una buona cucina ha bisogno. E ripeterò sempre e ancora che la Natura dona la vita e noi artigiani della cucina, non possiamo far altro che riconoscerne la bellezza e ringraziare in qualche modo per la fortuna ricevuta. Come? Offrendo a tutti coloro che decideranno di varcare la soglia del mio ristorante, nuove emozioni. Grazie a chi ha creduto in me, oggi più che mani”.
La proprietà, Fabrizio Ventura non trattiene l’emozione: “Ci sono momenti in cui più di altri si vede chiara la strada percorsa, quanto lavoro c’è ancora da fare ma soprattutto si riescono a pesare i frutti di un raccolto, la quale semina dura da anni. Siamo i figli di una terra che sembra essere stata baciata dalla fortuna, siamo nel Roero, lì dove si unisce alle Langhe, siamo in Piemonte. Siamo su una collinetta e prendiamo il nome da un prodotto autoctono della nostra terra, la pera Madernassa. Siamo a Guarene, in un paesino di 3.500 anime. Un territorio che ha visto con i suoi occhi la crescita di una realtà, come la nostra, che non ha mai voluto bruciare le tappe ma che ha anzi potato quando era il caso di dare forza alle radici di una pianta che vuole crescere ancora tanto. Sono orgoglioso di Michelangelo, lo sono come un padre potrebbe esserlo di un figlio. Sono orgoglioso del lavoro che tutti insieme abbiamo fatto, nessuno escluso, compresi coloro che sono passati dalle nostre cucine e dalla nostra sala e poi magari per un motivo o per un altro hanno scelto di seguire altre strade. È merito di tutti se oggi siamo qui a Piacenza. Quella Stella, la seconda, arriva da lontano e sarà un onore cucircela addosso e un dovere fare in modo di essere sempre all’altezza”.
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