Il Premio alla forza, è stato la novità nell’ambito della guida I ristoranti e vini d’Italia dell’Espresso. Donne, professioniste della ristorazione, che ogni giorno lavorano dando il meglio di sé, per permettere al tutto di esprimersi al massimo ritmo. Il Premio “Fattore Donna“, ha voluto rendere omaggio a tutte quelle donne che portano qualcosa di diverso, unico, prezioso e vitale all’interno dell’alta ristorazione. Sono appena 48 donne in tutta Italia ed Elisabetta Ballerini, maître e sommelier del Ristorante gastronomico una Stella Michelin, di Laveno Mombello, La Tavola, guidato in cucina dal figlio Riccardo Bassetti è una di loro.
Chi è Elisabetta Ballerini?
«La mia è una storia legata strettamente ai laghi. Sono nata a Como e ho trascorso su quelle sponde i primi 5 anni della mia vita. Poi, con la mia famiglia, ci siamo trasferiti a Laveno Mombello. È stato qui che ho conosciuto mio marito Giovanni, che aveva già un’attività commerciale e che condivideva con me il desiderio di spingersi oltre, di provare a fare qualcosa di più grande e di nostro. Fu così che iniziammo la ricerca di una struttura, avevamo tanti sogni e a guidarci c’èra solo il nostro istinto. Finimmo per innamorarci di quello che poi è diventato Il Porticciolo, la nostra casa, la nostra cucina, il nostro Hotel, la nostra vita. D’altro canto, era impossibile non rimanere incantati dalla vista che regala sul lago, che si gode tra l’altro da ogni posizione della struttura».
Come ha iniziato ad occuparsi di vino?
«Dopo alcuni anni di servizio in sala al ristorante ho sentito la necessità di approfondire la conoscenza del mondo del vino. Ci siamo accorti che il livello della cucina stava salendo, che le richieste stavano cambiando e la clientela diventava sempre più esigente. Iniziai a studiare la materia, il vino, quel nettare meraviglioso, prima da sola, da autodidatta nei pochi momenti liberi che avevo, dopo di che decisi che i tempi erano maturi e mi iscrissi all’AIS (Associazione Italiana Sommelier) nel giugno del 1993. Così diventai sommelier».
Qual è stato il vero salto nella sua carriera?
«Per un ristoratore, per chi gestisce una struttura, un hotel, al quale dedica ogni istante della sua giornata, il momento più gratificante è certamente quello in cui il tuo valore inizia ad essere riconosciuto anche sulle guide gastronomiche. I primi articoli, le prime menzioni, i primi premi, corrispondono al vero “salto” nella mia carriera. In quel momento esatto capisci che questo è il tuo lavoro e che tutti sono d’accordo con te. Sono attestati di stima che ti ripagano di ogni sforzo».
Quando ha deciso che quello del vino sarebbe stato il suo mondo, insieme a quello turistico/ricettivo?
«È difficile dare un’indicazione di tempo poiché questo lavoro ti prende talmente in toto che tutto arriva, ti coinvolge e travolge. Nonostante questo si è ogni giorno alla ricerca di novità e la curiosità è mai sazia».
Da donna quanto è stato difficile imporsi in un settore prevalentemente maschile?
«”Purtroppo”… noi donne abbiamo da gestire anche la famiglia, che ci assorbe quanto o più del lavoro. Nonostante io sia riuscita a dedicare tante ore della mia vita al Ristorante mi è mancata la possibilità di allontanarmi da casa per fare le esperienze che avrei voluto e dovuto fare. Nonostante ciò nel 2007 ho deciso di iscrivermi ad un corso di 6 mesi alla Cast Alimenti a Brescia, ogni settimana partivo da casa la domenica sera e rientravo il venerdì, ho seguito un corso di pasticceria. Un’esperienza che ricordo con entusiasmo perché mi ha permesso di tornare a casa con un bagaglio importante che poi mi è tornato utile nella mia attività».
Come ritiene si sia evoluta la figura del sommelier in questi anni?
«Oggi è una figura che non può mancare in un ristorante perché il cliente arriva con l’aspettativa di essere guidato e consigliato al meglio, non solo sul cibo. Il sommelier deve conoscere la cucina e interpretarla in un bicchiere. Giocare con le annate e gli abbinamenti rende più divertente un lavoro che molte volte è veramente faticoso».
Nella cucina di suo figlio, lo chef Riccardo Bassetti, è fondamentale l’aspetto ludico del piatto. Come interpreta questa filosofia in cantina? Come sceglie un buon vino?
«Il mio lavoro è fatto di confronto, con i clienti, con altri sommelier e con gente del settore che ti segnala nuove cantine, oltre che naturalmente con lo chef, mio figlio Riccardo. La nostra cantina è il risultato di anni di ricerca, di passione e di viaggi, senza dimenticare i nomi storici del panorama italiano. Alcune etichette devi sempre averle in carta».
Vini biodinamici. Cosa ne pensa?
«La soddisfazione per un vignaiolo di coltivare le sue vigne con metodi naturali, senza pesticidi o fertilizzanti chimici, seguendo esclusivamente i principi della biodinamica, penso sia incontenibile. Tanto più quando incontri i favori del pubblico, che ne apprezzano le caratteristiche o dei sommelier che ti scelgono per implementare la propria cantina. Il vino biodinamico è il miglior biglietto da visita per un territorio e della sua cultura».
Quali sono i vini che preferisce?
«Mi sento ostinatamente italiana nella scelta dei vini. Amo i rossi toscani e i bianchi friulani ma ho una predilezione in particolare per la Puglia. Sarà che ho ricordi piacevoli legati a quella terra, ma il Primitivo di Manduria per me è stato amore al primo assaggio. Ricordo in particolare un periodo in cui, presa dall’interesse per questa tipologia, ho obbligato mio marito Giovanni a seguirmi in un tour di cantine pugliesi».
Come racconterebbe l’esperienza enogastronomica del Ristorante La Tavola ad un cliente che non è ancora stato al ristorante?
«Quello che ci auguriamo sempre è che l’impegno, la dedizione e il sacrificio quotidiani siano riscontrabili dai clienti. La nostra è una conduzione famigliare, quindi per noi mantenere alto il livello è un obbligo quotidiano che abbiamo nei confronti di chi amiamo, in primo luogo. Io sono certa che l’esperienza enogastronomica al Ristorante La Tavola sia appagante, per il palato, e unico per la vista, e questo va oltre la sensazione di relax che si vive a bordo lago. I sorrisi dei nostri clienti, quando si alzano soddisfatti dal tavolo e ci dicono “…torneremo!”, quello è il nostro più bel biglietto da visita: quei sorrisi e quelle promesse!».
Cosa le ha insegnato maggiormente il lavoro nel suo ristorante sul Lago Maggiore?
«Il tempo e l’esperienza mi hanno forgiata sotto tanti punti di vista. Ho ancora vividi i ricordi di alcuni clienti un po’ sopra le righe, o particolarmente maleducati. All’inizio, e non me ne vergogno, mi capitava di nascondermi su una delle nostre terrazze e piangere. La pressione era tanta, i pensieri e le responsabilità ti toglievano il fiato. Ma il tempo è galantuomo, e trasforma il dolore in una corazza, così che tu possa affrontare ogni situazione e gestire ogni emergenza. Poi questo lavoro è in continua evoluzione, ogni giorno è diverso dal precedente, per cui non sai mai cosa potrà succedere o chi potrai incontrare».
C’è qualcuno che considera suo maestro?
«I miei genitori sopra tutti. Sono stati i miei maestri di vita prima ancora che sapessi cosa avrei fatto da grande. Poi mio marito, col quale ho condiviso la fatica, il sudore e le soddisfazioni. È con lui che ho imparato tutto quello che so oggi. Ci dobbiamo molto a vicenda».
Quale consiglio darebbe ad una giovane che vuole intraprendere il suo percorso?
«È un lavoro che assorbe tutte le tue energie e tutto il tuo tempo. È una scelta di vita importante, bisogna studiare in continuazione ed essere sempre aperti al confronto. È una professione che va amata profondamente, che ti coinvolge a livello emotivo e ti fa crescere soprattutto come persona. Se tornassi indietro rifarei tutto, perché le soddisfazioni ricevute ti ripagano di ogni sacrificio».
Il premio FATTORE DONNA che l’Espresso le ha consegnato quest’anno cosa ha significato per lei?
«Ho sgranato gli occhi e ho provato un’emozione incredibile, mi sono sentita realmente realizzata dopo tanti anni dedicati al mio hotel e al mio Ristorante. Il secondo pensiero è andato subito a Riccardo e a Giovanni, mio figlio e mio marito. Perché è solo con tanta complicità, stima reciproca e fiducia che si tagliano certi traguardi. È stato molto più di un premio, l’ho visto come un riconoscimento dei tanti sforzi fatti da me e dalla mia famiglia».
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